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56 | introduz. alla scienza sociale | [§ 28-29] |
dell’operare moralmente, non c’è alcuna difficoltà per concludere che l’operare moralmente dà la felicità.
29. L’origine di quegli errori sta nel non volere intendere che la sensazione piacevole, o spiacevole, è fatto primitivo, che non può essere dedotto col ragionamento. Quando un uomo prova una sensazione, è assurdo volergli dimostrare che ne prova un’altra. Se un uomo si sente infelice, è cosa sommamente ridicola volergli dimostrare che è felice, o viceversa.
Pare impossibile che un uomo d’ingegno come era lo Spencer abbia potuto incappare in così grossolano errore; ma già tutto il suo trattato sulla morale non è degno della sua mente, e così meglio appare il vizio del metodo seguìto. Egli nel § 79 della Morale evoluzionista, ci vuole dimostrare che «le azioni fatte per giovare altrui procacciano a noi piacere, perchè fanno contenti coloro che sono a noi d’intorno». Qui c’è una petizione di principio. O un uomo prova piacere nel vedere altri contenti, ed in tal caso è proprio inutile dimostrargli che si procurerà un piacere facendo altri contenti; sarebbe come se si dicesse: «A voi piace il vino: dunque, per procurarvi piacere, bevete vino». O quell’uomo non prova alcun piacere nel vedere altri contenti, ed in tal caso non è per niente vero che, beneficando altrui, farà lieto sè stesso. Sarebbe come se dicessimo: «A voi non piace il vino; ma, se vi piacesse e ne beveste, sareste contento; dunque bevetene e sarete contento».
Al § 80, lo Spencer ci vuol dimostrare che «colui il quale si adopera per recare piacere ad altri sente maggiormente i propri piaceri che non colui