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312 | gli ostacoli | [§ 69] |
51,3. Novantacinque società con un capitale di 94,7, di cui rimanevano da versare 3,1, hanno liquidato, con una perdita di 18,6; quindi hanno restituito 73,0. Altre cinque società hanno liquidato con una perdita minima, ed hanno restituito 35,5. Totale delle restituzioni 216,4. Rimane dunque un capitale di 377,4 milioni.
L’utile annuale era di 12,5 milioni, e quindi il frutto era del 5,9%.
Naturalmente, se non si tiene conto delle imprese che perdono e liquidano, il frutto diventa maggiore; ed in questo fatto sta l’origine del pregiudizio secondo il quale le imprese, dove c’è libera concorrenza, ottengono un utile considerevole in più del frutto netto usuale dei capitali. A mantenere poi questo pregiudizio concorre il fatto che si confonde l’utile dell’impresa coll’utile del possidente, o coi frutti di certi monopoli, brevetti d’invenzione, ecc.
La media dei frutti è ottenuta sommando frutti alti e frutti bassi. Il giornale citato ha calcolato, nel suo numero del 31 marzo 1901, questi frutti per varie imprese. Per le banche stanno tra 10,7 e 1,8%; per le ferrovie, tra 20,4 e 1,6%; per le tramvie tra 9,6 e 0,8%; per le miniere di carbone tra 17,8 (trascurando un caso eccezionale in cui si ha 38,3%) e 0,86%; per le ferriere e gli opifici meccanici tra 12,9 e 2,10%; per i produttori di zinco, tra 30,9 (Vieille montagne) e 11,8; per le fabbriche che trattano il lino, tra 16,5 e 0,66%; per le vetrerie, tra 13 e 3,1%. Tutti quei frutti sono calcolati in relazione al capitale nominale.
In sostanza, astrazione fatta da ogni o qualsiasi teoria, e tenuto pure largo conto delle imperfezioni e delle incertezze delle statistiche, i fatti dimostrano