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386 SECOLO XVIII.

mente la condizione degl’Italiani, e credo che abbiate tutte le ragioni del mondo. In fatti ho io sempre avuto in mente che in sei epoche possa dividersi tutta la storia nostra. E quali sono queste epoche? soggiunse qualcheduno di noi. Eccole, replicò l'amico. La prima può chiamarsi l'epoca dei leoni; allorché cosi forti, cosi feroci, cosi generosi, soggiogarono gl’Italiani, appellati romani, tutto il mondo cognito. La seconda l’epoca dei conigli; allorché, sotto i barbari, si sono intanati nei nascondigli per sottrarsi, non avendo più forza di resistere alla ferocia dei barbari. La terza l’epoca dei lupi; allorché, sotto gl’Imperatori francesi e tedeschi, hanno acquistato vigore politico; hanno potuto difendersi, assalire e mantenersi indipendenti. La quarta l'epoca dei cani; quando per un osso ideale, come era il fine dei partiti de’ Guelfi e Ghibellini, de’ Bianchi e de’ Neri; per l’acquisto d’un pezzo di terreno, o per vanità e per capriccio, una parte di cittadini distruggeva un’altra; ed una città si poneva in armi contro de’ confinanti. La quinta l’epoca delle volpi; allorché, stabilite le varie sovranità e governi, e resa l’Italia oggetto di conquista tanto per gli spagnuoli che per i francesi e per i tedeschi, s’esercitò una politica che arrivò all’estremo rafifinamento; onde resistere, deludere e vincere ancora le forze superiori degli oltramontani: usando, fra le altre, l’arte di mantenere la gelosia fra i potentati maggiori, ed aizzare sempre uno contro dell’altro; e cosi nel conflitto dei combattenti e delle reciproche sconfitte conservarsi nella propria costituzione e grandezza. Finalmente a’ tempi nostri è la sesta epoca; e questa, a nostra grande vergogna, sembra l’epoca delle scimie. Sciolti da ogni vincolo naturale fra di noi, avviliti sotto il giogo politico di certe massime di umanità generale, che rare volte si realizzano ne’ casi particolari; non abbiamo coraggio né di pensare da noi, né di sostenerci; e perciò in Italia si mangia insino e si veste come vogliono ora i Francesi, ora gl’Inglesi; e, fedeli esecutori de’ capricci e delle stravaganze de’ loro cuochi e de’ loro sarti, non sappiamo se domani saremo vestiti come oggi; e se una piatanza, che oggi ci piace, debba domani divenir disgustosa ed impropria. Sin il linguaggio è attaccato da questo contagio di scimiottismo; mentre nelle pulite conversazioni vergognosa cosa é il dir, per esempio, tende o cortine invece di rideaux, canterano invece di burrò, guazzetto invece di ragù, braciolette invece di costolette; e prende grazia al contrario, se, framezzo un serio discorso, s’illardellano le decenti parole, perchè francesi, di culdesac, di culote, di culbuté ec.

Tali veramente debbono sembrare gli ultimi termini compendiosi della storia d’Italia, replicò l’anonimo; e queste sono l'epoche nelle quali può essa distinguersi: ma da tutto ciò non ne risulta altra conseguenza, se non che quella da