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PAOLO ROLLI. 127

30Dopo che glie n’avran carca la schiena.
     Quell’uva moscatella
Non mi toccate no,
33Perchè serbarla io vo’ per la mia bella:
     So che fra gli altri tutti
Più delicati frutti
36Quest’è il più caro al bel labbro di quella.
     Mirate come vaga
Incontro a Bacco vien,
39Nuda il bel collo, e il sen in vesta d’oro:
     D’Amor la madre pare
Alle fattezze rare,
42Seguita dalle Grazie, e dal Decoro.
     Le nacchere, e i tamburi
Han poi da strepitar
45In danze a festeggiar si grato giorno:
     Lasci i lavori, e il suolo
Tutto il campestre stuolo,
48E in lieto giro affolli il prato adorno.
     Pan la siringa amata
Dal fianco scioglierà,
51E dolce le darà fiato sonoro:
     La ninfa mia diletta
Sulla fiorita erbetta
54Guiderà i balli del silvestre coro.
     Tu, Corilo gentile,
De’ fichi a coglier va’;
57Il desco imbandirà Corisca ardita:
     Ma ch’abbian tutti bada
Lacrime di rugiada,
60Il collo torto, e la veste sdrucita.
     Due bei mellon di Sezza
Messio ne porterà,
63Ei che gli arcani sa del Dio di Delo:
     Pesano ed han la rosa
Intatta, e spazïosa,
66Gettan gradito odore, e han grosso stelo.
     Ho poi di Monte Porzio
Vin di quattr’anni ancor,
69Me ’l die del suo signor la bella prole:
     Ha un non so che mordace
Che punge sì ma piace,
72E sparge un odor grato di viole.
     Lungi dall’aspre cure
Lieti vivrem così,
75E segnerem più di con bianca pietra.
     Timor, tristezza, affanno
Fuggono donde stanno
78Cuor lieto, dolci carmi, e suon di cetra.