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stantinopoli, e fu ordinato a tutti gli uffiziali di giustizia di far sì che non si prendesse più caffè in quella capitale.
Essi ebbero un bell’attendere con esattezza all’eseguimento di tal ordine; non poterono mai impedire che non se ne bevesse nei luoghi privati. Amurat III, sotto il cui regno era stata fatta la proibizione, finì col permettere l’uso del caffè, purchè non se ne prendesse in pubblico. Non vi era più che un passo da tale permissione allo stabilimento dei caffè nella capitale dell’impero turco. Accadde che un nuovo muftì, meno scrupoloso o più addottrinato del suo predecessore, dichiarò solennemente che il caffè non poteva essere rassomigliato al carbone, e che il liquore che se ne traeva non era vietato dalla legge. Tosto i dottori, i legali, il medesimo muftì, finalmente tutto il partito della opposizione, anzichè declamare contro il