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ciassettesimo, si distinse nella crociata contro questa pianta. Secondo lui, il grano del caffè, simile al cavallo di Troja, racchiudeva nei suoi fianchi migliaja di nemici della nostra salute, le paralisi, i tremori, la tisi, la etisia e la impotenza, malattia d’altronde crudele. Questo ultimo rimprovero gli era già stato fatto, ed ecco in quale incontro.
Una giovane regina di Persia trastullavasi nel considerare un giorno alcuni cavalli arabi, cui con mirabile destrezza il ferro d’un maniscalco privava di ciò che, cinquant’anni fa, il primo barbiere di Roma vi toglieva per alcuni paoli. Ella volle conoscer la moda di tale operazione, ed un cortigiano le spiegò colla maggior decenza la intenzione dell’operatore. «Quante pene! gridò la regina, che si danno a quel povero animale del caffè; dappoichè il re ne piglia, non abbisogna di operazione».