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In me stesso nelle mie memorie, nelle mie speranze, non poteva trovare altra cosa che te sola, e tutto, tutto mi richiamava l’immagine di Emma.

Perfino le boccette del mio laboratorio, le immagini dei miei quadri, i libri della mia biblioteca mi sembrano tutti specchi, nei quali Emma, mirandosi un istante, avesse lasciata la sua immagine divina.

In me e fuori di me, nel mondo degli spiriti e della materia, nella veglia e nel sonno, nella gioia e nel dolore, nella pace e nell’ira io non vedo, io non sento che una cosa sola, la mia Emma.

Io non sono cosa alcuna senza di lei, e senza di lei non sento di pensare e di vivere. Le nostre esistenze non formano altro che un’esistenza sola...

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emma a william.

Londra, 17 luglio 18...

Dunque, mio buon William, per amor tuo conviene lasciarci. Io parto per Madera; lo vuole anche il vecchio medico di mio padre. Egli vive ritirato da molti anni nella sua villa di Brompton, e ieri ho fatto una gita a casa sua insieme alla zia Anna. Era molto tempo ch’io non lo vedeva, ma dalla zia aveva già saputo tutto, che tu lo sai, egli è il consigliere nostro in ogni cosa importante. In lui vive ancora un raggio della vita e della mente di mio padre.

Non posso vederlo senza sentirmi gli occhi gonfii, e quando mi dirige la parola con una calma lentezza e con una dolcezza penetrante e affettuosa, mi sento tutta commossa. Egli ha più di ottant’anni, ma nessuna delle infermità della vecchiaia lo rende ributtante o molesto agli altri. Gli anni non gli hanno dato che un’indulgenza senza fine per le miserie e le colpe degli uomini, e gli hanno scolpito sul volto un eterno sorriso. La zia Anna mi ha detto che sorride sempre, anche quando dorme. Ha tutti i capelli bianchi e li tien lunghi e ben pettinati; il volto grasso, rotondo, ben rasato; ei mi ricorda Franklin.