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non possono toccare; il suo cuore vuol espandersi, quando una mano di ferro lo stringe.

L’uomo è la più imperfetta, la più miserabile, la più ammalata creatura dell’universo.

E qui, mia buona Emma, lasciai cadere la penna che pochi momenti prima aveva afferrato col piglio di un generale vittorioso, e mi confessai vinto.

In questa confessione però vi era più malinconia che amarezza; perchè il lottare eleva l’uomo anche quando la battaglia è senza vittoria, e solo è spregevole chi rifiuta la lotta e si dà vinto prima di battersi.

Mi sembrava di aver trasformato il dolore in qualche cosa di utile e di bello, solo perchè l’aveva piegato sotto il giogo del mio pensiero, solo perchè lo aveva distillato su questo foglio attraverso la cannuccia della mia penna. Forse, diceva io, questi poveri pensieri saranno trovati belli dalla mia Emma: il mio malumore non sarà stato un male assoluto.

L’uomo più si eleva e più si sente degno di esser uomo, quanto più abbraccia del mondo che lo circonda; si sente più grande quando ad ogni cosa che vien dal di fuori, amica o nemica, dà l’impronta potente del suo individuo. Il mio malumore era venuto in me a dispetto di me e contro di me; io aveva combattuto; io gli aveva dato una forma umana, io lo aveva trasformato in un pensiero.

Perdonami questi pensieri da egoista. Più innanzi nel corso della giornata, con una ginnastica insistente e ferocissima, riuscii a trasformare il malumore in malinconia. Mi pareva di aver distillato il fumo e di averne fatto dell’aceto... perdonami questo scherzo.

La malinconia è sempre più benevola e meno cattiva del malumore; ed ecco cosa scrissi sotto la sua ispirazione.


Dammi la mano, o cara, fa ch’io ti possa sentire a me vicino; il turbine della vita mi spaventa, ho bisogno di non esser solo.

I miei occhi son corsi arditi a ricercare il vero nei luoghi più reconditi, studiando le maraviglie delle piccole cose; credetti, superbo, di scoprire i misteri