Pagina:Mantegazza - Un giorno a Madera, 1910.djvu/91


— 89 —


amo tutti è tutti aman me; come è gioconda la vita, come è perfetto l’uomo!

Sì, l’uomo è perfetto e felice, sebbene talvolta io vedo il suo volto bagnato di lagrime; quel pianto è una procella fugace che lascia poi il cielo più ridente e sereno.

Sì, la gioja abbattuta dell’uomo risorge dopo il pianto, ma sul volto che pianse la lagrima ardente lasciò un solco che più non scompare; ma la lagrima che non è raccolta dalla mano o dal labro di un’anima amica filtra lenta lenta nel cuore, e vi lascia un segno come la goccia di piombo che cade sul legno.

Ma a che parlo io di lagrime, quando l’uomo è fatto per il riso, e quando i piaceri infiniti di questa vita fanno sparire nel mare della gioja le lagrime solitarie? E che può mai una stilla di fiele caduta in un oceano di latte?

Sì, ma a quella goccia di fiele se n’aggiunge un’altra ancora e sempre più amara; e al palato squisito dell’uomo che sente, si fa sentire nel fondo del vaso l’amaro che vi era celato.

E quell’amaro discende anch’esso filtrando nel cuore e vi lascia il suo solco, e quell’amaro serpeggia col sangue in ogni fibra, in ogni midolla e l’uomo non si sente felice.

Sì, l’uomo non è felice: i lamenti di tante generazioni, i desideri più ardenti e più santi che si spezzano contro un destino senza viscere, tante giovani vite spente innanzi tempo lo dicono ad altissima voce: l’uomo non è felice.

Sì, l’uomo è infelice; è nato al pianto; è incatenato da una legge fatale ad una grama esistenza, che abborre e desidera nel tempo stesso.

Incapace di togliersi il tormento che lo cruccia, non ha il coraggio di morire, nè la scienza di vivere; non ha il sentimento che per raddoppiare il dolore, non ha la mente che per intendere tutta l’immensità dei suoi patimenti. L’uomo è un eterno desiderio saldato a fuoco con un eterno pianto.

La mente lo trasporta in orizzonti che i suoi piedi