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rinaj che fra i soldati, che progredisce con maggior rapidità a bordo che a terra, che la marina deve essere interdetta ai giovani minacciati da tisi.

«In medicina tutto si può difendere, tutto si può condannare. Io potrei curarvi col seppellirvi sotto terra, lasciando fuori dal suolo la testa e cambiandovi la fossa ogni giorno dal maggio all’ottobre. Sarebbe un metodo strano, ma non sarebbe nuovo. È quel che faceva Solano da Luque coi suoi hanos de tierra.

«Alcuni credono vere in medicina le cose nuove: è un sistema comodo, il tempo è più facile a misurarsi che la scienza; gli anni si contano più facilmente dei criterii logici. Vedete un poco; pochi armi seno si rideva del pregiudizio volgare che la tisi fosse contagiosa; ed ora si ritorna a dar ragione agli antichi. È il giro della moda, è la parabola della verità, Plinio il giovane lo aveva detto, molti secoli or sono, che era questa una malattia contagiosa.»

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Ti giuro, mio William, che io non ho maledetto mai la mia memoria (che tu chiami prodigiosa) come in quel giorno, in cui seduta in faccia a quella macchina parlante che si chiama il dott. T... io era condannata dalla mia natura a ritenere tutte quelle litanie di erudizione senza poter dimenticare un nome, una cifra, una parola sola.

A che serve l’imparar tante cose, quando dopo tanta tortura del cervello non si raccoglie una sola verità utile all’uomo? A che serve una scienza sterile e gelata che non ci dà un conforto, una speranza, che finisce col dire: non sappiam nulla, nulla v’ha di certo?

Perdonami, mio buon William, se oso giudicare la scienza col cuore di una donna; ma io ho sempre creduto false le vie che non conducono alla felicità; ci si vada diritti o per labirinti. L’uomo vuole la speranza o la gioia; ma tutto ciò che non dà un piacere è opera vana. Anche le più sante religioni hanno sempre promesso all’uomo un’eternità di gaudii in cambio del sagrifizio e in premio della virtù: anche nel codice della morale, anche nel codice della pubblica opinione