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dre; egli ha conosciuto ogni suo pensiero, egli ha letto profondamente in quell’anima nobilissima e così crudelmente straziata. Egli ha accettato la missione di illuminarti colla sua scienza, di correggerti colla sua larga e sicura esperienza. Quand’egli ti parla è la voce di tuo padre che ti accarezza l’orecchio; quando egli ti comanda, me l’hai detto tu stessa, è l’accento autorevole del padre che ti convince e ti piega. S’egli ti ha detto: Emma, guarisci e spera: questo raggio di speranza ti vien da tuo padre e noi lo abbiamo ad accogliere colla più santa riverenza, colla gioia più tranquilla.
Emma, consola il mio esilio di questi giorni con lunghe lettere; dà al prigioniero una mezz’ora di luce e d’aria; fa ch’egli possa attendere la sua sentenza senza morire.
emma a william.
Londra, 5 luglio 18...
Ieri mattina mi alzai piena di coraggio. Io aveva dormito poco: durante il sonno io non vedeva che medici e viscicanti; ed eran tutti dottori accigliati con grandi parrucche e col muso ingrugnito. Sognava di avermeli tutti d’attorno, mentre io era seduta e quasi coricata sopra un letticciuolo. Io mi rannicchiava sotto le coltri tutta impaurita, ma essi me le strappavano con impazienza e con furore e si mettevano a picchiare e a picchiare forte, sul mio povero seno. Io voleva far violenza a quei mostri, ma essi mi afferravano per le braccia e me le tenevano inchiodate sul letto. Voleva gridare, voleva chiamare in soccorso la mia mamma, il mio babbo, ma non trovava voce per gridare, nè muscoli per muovermi; ed io sentiva il picchio crudele di tanti martelli coi quali quei dottori accigliati facevano rimbombare le mie costole. Io credeva di morire: raccoglieva tutte le mie forze e gettava un grido così forte da far svegliare la cameriera che dormiva nella camera vicina. Il mio grido aveva svegliato anche la tua Emma, ed io sentiva battere forte forte il