Pagina:Mantegazza - Un giorno a Madera, 1910.djvu/59


— 57 —

igiene per salvarti e credo che tu vivrai. Dio non volle ch’io fossi l’assassino di tutti i miei figli.


Ma la tua vita è fragile come canna nata sola e sottile in mezzo al deserto: chi volesse appoggiarsi sovr’essa la schianterebbe.


Non prender marito mai, mia figliuola: divenendo madre tu ne morresti o avresti figli condannati a morire nel primo giubilo della fanciullezza o nella primavera della giovinezza. Il veleno della tisi è troppo incarnato nel nostro sangue, perchè s’abbia a disperdere in una nuova generazione.


In noi due, ultimi superstiti di tanti cari scomparsi, deve spegnersi il veleno e cancellarsi il peccato.


Giurami, mia Emma, che vivrai e morrai sola. Che tu sia l’espiatrice di tuo padre, l’angelo redentore del suo peccato.


Il testamento, l’eredità di tuo padre è un giuramento di dolore; l’ultima parola che il padre deve dire alla creatura sua, a colei che ha amato sopra ogni altra cosa in questo mondo è una sentenza di dolore; è un grido che dice: soffri, soffri finchè vivi!


È questa la più crudele punizione del mio peccato. Dopo aver veduto morire tutti i miei figliuoli; io devo dire all’ultimo che mi è rimasto: Soffri: e soffri per colpa di tuo padre.


Non maledire tuo padre. Quand’egli era giovine, quando diede la mano di sposo a tua madre, i medici erano manipolatori brutali di lancette e di calomelano; essi non sapevano farsi sacerdoti della forza umana, custodi della salute dei sani. Essi non sapevano dire al tisico, all’epilettico all’uomo debole: questa tua vita tu non l’hai a dare ad anima viva; meglio sarebbe piantare un pugnale nel cuore del tuo più fido amico.