Pagina:Mantegazza - Un giorno a Madera, 1910.djvu/57


— 55 —


Mettersi all’ombra di un fatalismo musulmano è giuocare tutta la propria fortuna sopra un tiro di dadi, è giuocare ad una lotteria la propria casa, la propria terra, tutto quanto si possiede.


La felicità è dei forti, la vittoria è per chi ragiona; e nessuna ragione al mondo può giustificare l’epilettico, il tisico, il demente, che vogliono col matrimonio perpetuare in una razza l’epilessia, la tubercolosi, la demenza.


L’amore è la più santa gioia della vita; ma volete voi farne un crogiuolo in cui si fonde un veleno?


L’amore è la prima benedizione dell’uomo, ma volete voi che generi una bestemmia?


L’amore è la fiaccola che riaccenda la favilla della vita: volete voi farne una teda funebre che guidi alla fossa?


Volete voi tossicoloso e morente accompagnare al cimitero figliuoli morti nel primo sorriso della fanciullezza?


Volete voi leggere sulle rughe precoci del vostro figliuolo giovinetto una maledizione contro il padre, contro la madre che lo ha generato?


Nulla può sostituirsi alla salute perduta; non la ricchezza, non l’educazione, non la scienza, non la religione.


Vestite di seta, coprite d’oro un malato; mettetelo in un cocchio dorato, portatelo nel tumulto d’una pazza festa e ditegli che sorrida.


Vestite un cadavere d’oro e di gemme, mettetegli in mano lo scettro del potere e ditegli che goda.


La vita malata, debole zoppicante, medicata sempre