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vita, e spero per l’ultima, mi ha fatto spergiuro alla mia parola.

Dopo alcuni giorni, quando la stanchezza della disperazione mi diede tempo e modo di pensare e di ritornare un uomo, io immaginai un modo di poter vivere. Appena alzato io vi scriveva, e per due o tre ore io era con voi. Piegava la lettera, come se avessi potuto impostarla, faceva insellare il mio cavallo, e a caso entrando nel primo parco che incontrava, mi dava a tutto lo sfrenato galoppo del mio Blitz, su e giù per i lunghi viali, e immaginandomi di raggiungervi e di consegnarvi io stesso la mia lettera che portava sempre meco. A quell’ora io era il solo cavaliere che pestasse l’arena dei parchi di Londra; e la fantasia riscaldata dal pensare sempre ad una cosa sola mi dava tale illusione che io, isolato olfatto dal mondo esterno, sulle ali del mio cavallo, correva e correva, sbarcava sulla costa del Mediterraneo, trovava la vostra casa, vi vedeva alla finestra, vi vedeva sorridere, vi salutava. E poi, e poi, io mi rizzava sulle staffe; voi allungavate il braccio ed io vi consegnava la mia lettera. Ed io andava così smarrito in questo sogno, che finchè la stanchezza del mio cavallo, non mi obbligava a rientrare, io era ancora con voi.

Rientrato, io era così stanco che poteva sdraiarmi e passare una o due ore in un sopore inebbriante che mi lasciava vivere senza far nulla.

Alzato da quel letargo che avrei voluto durasse tutta la vita, rientrava nel mio studio, rileggeva la mia lettera, e immaginandomi di essere voi stessa, rispondeva una lunga lettera a William, e la piegava e vi scriveva il mio indirizzo. A voi devo dir tutto, perchè sappiate quanto io vi ami. Più d’una volta io ho impostato quella vostra risposta fatta da me e ho giubilato, quando il mio servo me la portava col bollo della posta.

Questa non era sicuramente la vita che voi mi avevate imposto di vivere, ma io non poteva condurne un’altra; e fuori di essa non poteva intendere e immaginare che il suicidio. Voi mi avevate scritto di studiare, di rialzare i caduti, di confortare gli avviliti, di seminare