Pagina:Mantegazza - Un giorno a Madera, 1910.djvu/22


— 20 —

bellezza e di melanconia profonda. I capelli d’un oro castagno si eran disciolti dalla reticella e le cadevan ani collo e sul petto con ampio volume. Li raccolse e con uno sguardo fugace s’accorse che nella caduta assai più del piede si era scoperto, e col corpo addolorato si coperse; potendo assai più il pudore che il dolore.

Chinato al suolo dinanzi a quella divina creatura, felice di poterla aiutare, ebbi pochi momenti di quella delizia, perchè per quella stessa via ond’io era venuto, sentii avvicinarsi il trotto d’un cavallo.

Era William, col volto pallido, improntato da una angoscia senza nome.

Mi riconobbe, si fermò, e appena potè gettare uno sguardo al suolo, sentii due gridi nello stesso tempo, come non ne aveva sentito mai e come forse non ne sentirò più nella mia vita. William, Emma!...

Quanta passione, quanto dolore, quanta gioia, quanto delirio in quei due gridi! Io non ne sentii nell’anima che l’eco lontano, ma ne ebbi sgomento, e precipitandomi sul mio cavallo, dissi a William:

— Signore, abbiate cura della poveretta. Vado a raggiungere il suo cavallo.

E lo raggiunsi e lo ricondussi a quelle felici creature che colle mani strette si stavano guardando e piangevano, e nel velo delle lagrime brillava loro in volto una passione ardente, una gioia senza confine.

Chi può ricordarsi ora di quel che mi dicessero quegli innamorati?

William non poteva parlare e forse mi singhiozzò qualche parola. Credo che mi stringesse la mano e mi chiamasse suo amico, ma ricordo che me la strinse anche Emma.

Mi affrettai a lasciarli soli, dopo aver saputo che la signora non si era fatta la più piccola contusione e che non avevano bisogno di me.

Ritornai a Funchal commosso come chi ha assistito ad una grande catastrofe, ad una scena sublime di passione, di grande sventura o di ineffabile gioia. Eppure quella catastrofe non era che l’incontro di un uomo e d’una donna. Ma i maggiori avvenimenti dei