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vedeva tutto solo; non sentiva intorno a sè il modesto attrito della turba indifferente, e l’armonia del suo cuore non era turbata dal cicaleccio dei profani.
Al primo apparire, il paradiso di Madera sembrava piuttosto una scena dell’inferno dantesco. Masse gigantesche di basalti neri neri e rupi rugose coi piedi nel mare, lacerate, contorte, senza un ciuffo d’erba, senza una casa, e le onde spumeggianti si rompevano fragorose ai loro piedi. Qua e là presso la costa isolotti neri anch’essi, senz’alberi, senza fiori, corrosi dalle onde, spezzati e frastagliati, quasi rovine di un mondo minato dal fuoco. Si giunse al Ponte Saô Lourenço, si lasciarono alla sinistra le tre isole che portano nel nome la loro storia molto semplice e triste: Desertos: in pochi momenti si raggiunse un promontorio di basalto, più grosso degli altri, il Cabo Garajaò. Quel capo segnava i confini del Paradiso.
Passato il Capo Garajaò un profumo di giardino fiorito ci venne incontro colle brezze della terra, e quella terra era un incanto, era un sorriso di orti e di ville, di campi verdeggianti e di boschi bizzarri; era una ghirlanda di tutti i fiori, uno di quei quadri di tutti i colori, che rallegrano il cuore dell’uomo e gli fanno tirare profondo e riposato il respiro.
Pochi momenti dopo, eravamo dinanzi a Funchal, la capitale dell’Isola, che sembrava mollemente adagiata fra i campi di canne da zucchero e di ignami, fra gli orti più cupi dei nostri alberi europei e i boschetti fantastci della banana dalle foglie gigantesche e vellutate: e intorno intorno si apriva un grande anfiteatro di monti altissimi, vere rupi di giganti: e poi a cornice del quadro due oceani forse troppo grandi per quel nido d’amori: l’oceano del mare e l’oceano del cielo: e in quel momento non avreste saputo dire quale dei due più s’avvicinasse all’oltremare e allo zaffiro.
Io passai ben tre volte dinanzi a Madera e sempre sentii prorompere dal petto dei più volgari viaggiatori un grido dell’anima: perchè non ho io una casuccia in questo paradiso?
Le più grandi voluttà della vita son tutte eguali tro-