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tosse secca, crudele, feroce; e poi s’appressa il moccichino alla bocca, lo guarda, quindi facendosi pallido e pur sorridendo, lo mostra a Robinia: era tutto insanguinato.
Io veniva dietro ai miei figliuoli e vedeva tutto. Robinia si voltò a me improvvisamente, e piangendo e singhiozzando mi gridava: «papà papà, dobbiamo noi morir tutti, proprio tutti?»
Caddi seduto sul muricciuolo della strada; Robinia, Michele e la piccola Dolores mi si strinsero tutti intorno alle ginocchia. Dolores piangeva senza sapere il perchè, e Michele mi accarezzava e diceva: «papà, papà non sarà nulla; ho una gengiva ferita; è sangue venuto dalle gengive;» ma un anno dopo, mia buona signora, si seppelliva anche Michele, e ritornando a casa noi eravamo tre soli.
Ch’io sia maledetto, ch’io sia maledetto! Ora non ho più che Dolores, e seppellirò anche questa accanto a Jessy, ed io mi farò seppellir vivo accanto a tutti i miei figliuoli. Ch’io sia maledetto: non si ha il diritto di dare una vita moribonda ai proprii figliuoli; no, no, non si ha il diritto di mettere al mondo uomini condannati a morir fanciulli, a morir giovanetti nell’età delle gioie e delle speranze.
No, no, ch’io sia maledetto, la vita è un peso: convien dare insieme ad essa forza e salute per sopportarla. La vita non è un dono, è un peso, è una croce.
Non siete voi, anche voi forse, mia buona signora, figlia di un padre o di una madre tisica?
Mio William, io mi alzai a queste parole come una pazza, gridando:
— Basta, basta, signore, voi mi uccidete insieme ai vostri figliuoli.
E fuggii da quell’orto e fuggii a casa e mi gettai piangendo e singhiozzando fra le braccia della mia zia che mi veniva incontro.
William, tutto questo l’ho voluto scrivere; mi è sembrato che fosse mio dovere il farlo.