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lunghe e nere e palpebre grandi che coprivano e scoprivano due occhi neri che vagavano fra i crepuscoli d’un sonno febbrile. Dalla fronte reclinata all’indietro cadeva un torrente di capelli biondi con vene castane dorate, rosse; tutta una tavolozza di tinte che con un disordine di rara bellezza fermavano l’occhio lungamente.

— Vedete questa mia Dolores, è l’ultima che mi resta e l’ho chiamata Dolores, perchè è nata pochi giorni prima della morte di sua madre. Sì, mia signora, ho perduto la moglie, ho perduto tre maschi e due bambine, tutti tisici.

— Ed io, soggiunse ridendo in un modo crudele, non posso mandare i miei figli a Madera, perchè guariscano; in casa mia si nasce a Madera, ma si muore anche a Madera.

Allora Dolores, svegliandosi improvvisamente, si mise a sedere sulle ginocchia del padre e a tossire; e tossiva così forte che le guancie le divennero porporine e sudanti, e gli occhi lagrimosi.

— Vedete, vedete, anche questa farà come gli altri. Maledizione, maledizione!

Quel dolore però era troppo grande, perchè potesse a lungo mescersi coll’ira: a quel pover’uomo, chinando il capo su quel volto d’angelo, lo baciò, lo ribaciò cento volte, e quando lo rialzò, i suoi occhi eran rossi, gonfii di lagrime.

— Sono un uomo rozzo io, sono un villano tirato su a piantar viti e patate, ma son vent’anni che ho malati e morti in casa; e il cuore per Dio (e qui col grosso pugno peloso stretto stretto batteva sul cuore fino a far rimbombare il petto) non mi si è fatto ancora di pietra, piango ancora io.

— Caro signore, voi siete infelice, ma Dolores guarirà. In una famiglia di tubercolosi non muoiono mai tutti. Anch’io, sapete, ebbi undici fra fratelli e sorelle e tutti son morti tisici, ma io ho già venticinque anni e vivo e penso di guarire. Dolores sarà delicata, avrà spesso la tosse, ma guarirà, guarirà sicuramente.

— Lo spero anch’io: sarebbe troppo crudeltà lasciarmi solo. Se avessi a seppellire anche questa, da-