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di marco tullio cicerone | 289 |
Le sofisticherie e i difetti testè accennati, se non ponno appieno giustificarsi, trovano tuttavia qualche scusa. La vecchiezza di sovente sospetta di essere schernita e teme gl’inganni; poichè all’uomo quanto più debole è, tornano più sensibili le offese. Nell’esercizio degli onesti costumi, e delle savie dottrine sta l’unica via di mitigarle, siccome tuttodì nella vita impariamo, o il teatro ce ne porge lezioni. Tale è la scena dei due fratelli negli Adelfi di Terenzio, dove tanto sono aspri i modi dell’uno, quanto gentile è il tratto dell’altro. E così vanno le cose. In quella guisa che non tutto il vino inacetisce, non sempre l’età sotto il cumulo degli anni, è fatta triste e noiosa. Piacemi bensì ne’ vecchi la severa maestà; ma siccome ogni altra cosa, mi va a genio moderata e senza spiacevole durezza.
Dell’avarizia poi negli anni senili, non giunsi mai a indovinare lo scopo. Può essere più stolto il divisamento di accumulare la copia delle provvigioni per un viaggio dove la meta è tanto vicina?
XIX. — (Noncuranza della morte. - Teorie dei materialisti. Ragionamenti sull’immortalità dell’anima.) — Resta una quarta causa che più delle altre questa misera età conturba e tormenta, voglio dire la vicinanza della morte, che certamente non può tardar molto a battere alla porta della vecchiezza.
Ben poco sarebbe da compiangere quel vecchio che passata una lunga vita, non gli bastasse l’animo di disprezzare la morte! Della quale, o non debbe tener conto, se l’anima interamente si spegne, o desiderarla se per essa, sciolta dai terreni legami, spazia nell’eternità.