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di marco tullio cicerone | 287 |
eminenza in quel Publio Crasso negli ultimi tempi insignito del sommo Sacerdozio; in Marco Lepido a lui succeduto nella stessa dignità! Che non direi io di Paulo, dell’Africano e di Massimo, de’ quali altre fiate vi tenni parola! L’autorità di essi non era riposta unicamente nel merito delle loro dottrine, ma rivelavasi dall’ossequio con cui ogni loro cenno veniva accolto.
In somma laddove è tenuta in onore la vecchiezza frutta considerazione di gran lunga maggiore che tutti assieme non valgano i piaceri della gioventù.
XVIII. — (Catone nelle sue lodi ai vecchi intende di quelli preclari per le loro azioni.) — Ma in ogni discorso da me intorno alla vecchiezza tenuto, non sia per isfuggirvi di mente che io di quella soltanto intendo parlare con lode, la quale discende da una gioventù bene allevata. Ond’è che poi trovai concorde con me la pubblica opinione, quando reputai meritevole di commiserazione quella vecchiezza che può sostenersi in credito unicamente mercè la millanteria delle parole. Non bastano le rughe della fronte, non i bianchi capelli per rendere di repente vulnerabile un vecchio; soltanto nell’ultimo periodo l’età raccoglie i tardi frutti d’una vita costantemente onesta.
Aggiungi certi riguardi che sebbene di lieve conto e volgari, sono accolti siccome testimonianze onorevoli in società: valga il dire essere salutato dai più; desiderato dai conoscenti; vedersi concessa la destra sulla via e ceduto il posto nei teatri; l’alzarsi altrui al proprio co-