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di marco tullio cicerone 283

cura degli alveari, alla infinita varietà dei fiori. Al piacere che porgono le piantagioni si può aggiungere quello dell’innesto, invenzione che onora i progressi dell’agricoltore.

XVI. — (Generali romani coltivatori della terra.) — Potrei farvi passare a rassegna altri non pochi passatempi campestri, se non mi avvedessi d’essermi su questo argomento già troppo dilungato. Voi però mi sarete indulgenti per tale prolissità in grazia del profondo studio che feci intorno all’agricoltura, e della naturale tendenza dei vecchi alla loquacità, con che risparmio l’accusa, che io dissimuli i peccati della vecchiezza onde farvela assaporare siccome scevra di mende e perfetta.

Gli ultimi anni trascorse nella vita campestre Marco Curio, il trionfatore de’ Sanniti, de’ Sabini e di Pirro, ed io, mentre rivolgo gli sguardi alla sua villa, la quale è vicina alla mia, non mi stanco mai di ammirare, sì la frugalità di quell’uomo, che l’austerità dei tempi passati. Sedeva egli modesto davanti al focolare, quando venuti gli ambasciadori di Sannio ad offrirgli in dono una riguardevole somma in oro, Curio la respinse dicendo: non tenersi da lui in pregio il possesso di quelle ricchezze, bensì l’impero sopra coloro che le possedevano. - Un animo di tal tempra non bastava forse a rendere contenta di per sè la propria vecchiezza?

Ma ripigliando il discorso delle cose campestri i senatori d’allora, o per meglio dire i vecchi, tenevano dimora nel contado. Lucio Quinzio Cincinnato stava conducendo l’aratro, quando un messo venne ad annunziargli essere egli innalzato alla Dittatura: e fu appunto per suo