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276 | dialogo intorno alla vecchiezza |
si fa appetire: ciò che ogni uomo dabbene, posta in non cale la voluttà, dovrebbe fare studio di conseguire.
Ma ormai fu detto più che basti de’ piaceri sensuali, il che torna in lode più che in biasimo della vecchiezza, se per essa si ammorza la scintilla delle emozioni carnali.
Non ghiotta di squisite vivande, di sontuose mense imbandite e di tazze ricolme, nemmeno soggiace all’ebbrezza, alle affannose veglie, agli agitati sogni.
Ma se pure in qualche modo è forza compatire al fascino delle voluttà, arduo non poco essendo combattere il solletico de’ sensi (dal divo Platone chiamato esca del male, essendone gli uomini accalappiati come i pesci all’amo), basti che i vecchi s’astengano dalle disordinate gozzoviglie senza vietar loro i modesti passatempi, e i temperati banchetti.
Cajo Duillio figlio di Marco, che primo vinse in battaglia navale i Cartaginesi, io, tuttora adolescente, vidi più d’una volta far ritorno da cena lietamente fra lo splendore di abbaglianti doppieri e i suoni armoniosi; unico fra i privati cittadini che si regalasse con tanta magnificenza, la gloria delle sue gesta scusando questa licenza.
E senza parlarvi d’altri, non poss’io di me stesso intrattenervi che sempre vissi in festose brigate?
Sotto la mia questura vennero istituiti consorzi d’uomini per liete adunanze nei giorni sacri ai riti di Cibele. In mezzo a questi gioviali convegni si banchettava, ma senza varcare i limiti della temperanza, sebbene non potesse ammutolire lo slancio vivace naturale alla gioventù.