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di marco tullio cicerone | 267 |
vissero in epoca anteriore, e Publio Crasso, mercè i quali le leggi a tutela dei cittadini furono poste in vigore e che fecero prova di maturo senno fino all’ultima età.
Ma, perchè dissimularlo? nella vecchiezza pochi sono oratori; mentre a quest’arte non soccorre il solo ingegno; essa ha bisogno di lena e polmoni. Del resto può essere conservata anche nella vecchiezza l’armonia della voce; in qual modo poi non saprei spiegarlo. Essa a me medesimo non venne meno finora, benchè molti lustri abbia già contati.
Il discorso dei vecchi è rotondo, placido, maestoso. Con eleganti ed aggraziate frasi, non di rado fermano essi l’attenzione de’ loro uditori. E se le affievolite forze non permettono loro più di arringare nella Curia, hanno almeno la compiacenza che mercè i consigli dati nelle domestiche pareti a giovani generosi del calibro de’ Lelii e de’ Scipioni, altri eseguiscano quanto fu da loro proposto. Questi uomini canuti ponno essi trovar compenso più dolce della affezionata gioventù che fa loro onorevole corona? Ho motivo di credere Gneo e Publio Scipione e i tuoi due avi Lucio Emilio e Publio Africano ebbero vaghezza di vivere nel consorzio di nobili giovani. Ciò prova non doversi stimare meno felici coloro che sono maestri di dottrina, per ciò solo che consumarono il vigore con l’età. La fisica debolezza frequenti volte è colpa dei vizi della gioventù, anzichè degli acciacchi della vecchiezza. Una adolescenza disordinata e lasciva rende il corpo snervato e cadente nell’età senile. Leggesi in Senofonte d’un discorso tenuto dal Re Ciro a vicino a morte, nel quale afferma di non essersi avve-