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di marco tullio cicerone 265


VIII. — (Il conversare con vecchi riesce piacevole.) — Quando Stazio Cecilio alludeva alla previdenza dei vecchi oltre il confine dell’età loro, li avea lasciati parlare più giudiziosamente che dopo non facesse con i seguenti versi:

     Per Giove, se vecchiezza al venir suo
     Non traesse altro sconcio, avvene un solo
     E questo basta. Per sì lunga etade
     Vede assai più, ch’essa veder non brami.

Sia pure, ma scorge altresì non poche delle cose che desidera.

Nè i vecchi solamente, ma la gioventù stessa di frequente, si avviene in molti oggetti che scanserebbe volentieri.

Falsissima però oltre ogni dire è quell’altra sentenza di Cecilio:

     Miseri vecchi! Essi lo sanno a prova,
     Di farsi coll’età noiosi al mondo.

anzichè noiosi, dico io, piacevoli.

Nello stesso modo che ai colti vecchi riesce gradito il conversare con giovani d’ottima indole, per il diletto che trovano nel rispetto e nella benevolenza della gioventù, del pari i giovinetti accettano con piacere gli ammaestramenti degli uomini attempati, siccome indirizzo al retto cammino della virtù. Dal canto mio credo di non essere meno accetto a voi di quanto voi stessi lo siete a me.

Ma procacciate di evitare che la vecchiezza s’intiepidisca nel languore dell’inerzia, tenetela tesa nelle utili occupazioni e sempre attenta a qualche studio: non però in contraddizione con quelli in cui si esercitò nei precedenti anni.

Che dire di coloro che non si stancano dal far dovizia di nuove cognizioni? Non aspirò forse