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260 dialogo intorno alla vecchiezza

L’altro, perché è accompagnata dalle fisiche infermità; Il terzo, perché lo priva presso che d’ogni voluttà; Finalmente, perché confina da vicino con la morte.

Esaminiamo dunque ad una ad una queste accuse per giudicarne la verità.


VI. — (La vecchiezza non distoglie l’uomo dai gravi affari.) — Il vecchio è dunque distolto dall’incumbere agli affari? Ma da quali per Dio? forse da quelli che hanno bisogno di gioventù e fisico vigore. Ma le forze dei vecchi non sono mai ridotte a tale nullità, che essi non possano supplire con la mente nel governo delle cose, quando le infermità del corpo hanno affievolita la loro energia. Era dunque assolutamente inetto quel Quinto Massimo? Inetto, Lucio Paolo tuo genitore, o Scipione, il quale fu suocero altresi di mio figliuolo, egregia persona? E gli altri vecchi, Fabrizio, Curio, Coruncanio prestando alla Repubblica l’appoggio del loro autorevole consiglio, forse che erano buoni da nulla?

Ed Appio Claudio che non solamente era vecchio, ma cieco, quando il Senato mostrossi propenso alla pace ed all’alleanza con Re Pirro, rimase egli un istante perplesso a biasimarlo con i detti, che Ennio riferisce ne’ seguenti versi:

     Senatori, dov’è l’usato senno?
     Giudiziosi una volta, or deliranti,

e con altre rampogne dello stesso peso? - A voi quel carme non è cosa nuova. Esiste pure il discorso dello stesso Appio, da lui de-