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Qui il racconto di Cala Farina finisce: v’è piaciuto?
— Oh ammodo! — disse la vecchia. — Stasera, marito mio, mi hai fatto passare il sonno.
— Resta ora........
— Svelarmi — disse il lavorante — come possa disincantarsi quel tesoro.
— A questo vengo; ed ecco come sta la cosa. Secondo che si narra, Zoraide, nel gettare in mare il suo anello, invocando non so se diavolo o santo, promise il suo tesoro a chi quell’anello avesse trovato. Questo anello intanto, appena buttato, fu ingojato da un grosso cefalo; il quale, cibandosi di certi frutti marini, che si trovano nelle caverne interne dei nostri mari, è divenuto immortale, per la potenza che si sviluppa dai sughi di quei frutti al contatto della gemma preziosa che gli rimase in corpo. Cibandosi di quel solo frutto, non cerca altr’esca; ond’è che sino ad oggi non s’è lasciato prendere. Per aver dunque l’anello, non bisogna far altro, che andare in cerca di quel frutto; che è così e così — gli descrisse la forma, il colore, il sapore — e avutolo, appiccarlo all’amo; e quanto più si può vicino alla bocca della grotta, a cui sempre per riconoscenza approda, farlo pescare.