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cuore la speranza a Sidnar: nondimeno pensò badare colà intorno sino a che la desiderata fanciulla si fosse almeno affacciata.
Secondollo infatti la fortuna; poichè Zoraide, divisa da tanto tempo dal padre, essendo bramosa di notizie, come era usata ogni mattina, poco dopo uscì fuori ad affacciarsi sopra uno dei torrioni del castello, che riusciva sul mare, affin di osservare se alcuna nave greca comparisse per avventura sull’estremo orizzonte. Ma, girato lo sguardo per la vasta linea del mare che le stava davanti, non si scorgea neanco una vela. Turbossene l’infelice, ed appoggiandosi ad uno dei merli, si lasciò vincere dalla tristezza; e chinata la bella faccia verso la parte ove Sidnar se ne stava ad aspettare, cominciò a piangere. Parve al Saraceno riflettersi sul mare un raggio di sole, tanto abbagliollo quel bel viso. Stupefatto, mandò nel suo linguaggio un grido d’ammirazione, e ordinò al barcaiuolo, che prestamente avvicinasse la barca al torrione, per contemplare più da vicino la bella fanciulla.
Quel grido non sfuggì a Zoraide; la quale ritenendo che quel giovane, di forme anch’ei bellissimo, fosse un generale Saraceno venuto a spiare, immantinenti ordinò ai suoi che lo inseguissero.