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in che avesse mancato; e ad ora ad ora si spulciava.
Il Cantastorie, siccome era sempre usato, dopo aver messo in tavola il suo racconto di Cala Farina, cominciò con uno studiato preambolo a destare nel lavorante un vivo desiderio d’udirlo: poi conchiuse col dire che il bello stava appunto nel sapere ciò che bisognasse fare per disincantare quell’immenso tesoro; segreto ignorato dai contemporanei, e a lui tramandato da una tradizione di famiglia, e gelosamente tenuto segreto.
— Oh lo credo! — disse scaltramente il lavorante, a cui era piovuto il cacio sui maccheroni — e forse una fortuna a voi e a me benigna, vi porge stasera occasione di svelarlo.
— Ma, vi par egli che ve lo voglia dire senza un regalo?
— È naturale.
— E vi so dire che chi vien dalla fossa, sa che cosa è il morto. Gli anni m’han dato addosso tanto da esser già vicino a tirare il calzino, ma non son minchione. Promesse ne ho avute...
— Lo credo io!
— Ma dite che, una volta che l’è una