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quando la gatta le si arrampò di nuovo: con una zampata improvvisa carpì la salsiccia; le sfilò di tra le braccia; diede involontariamente il gambetto alla povera vecchia, che stramazzò; e se l’andò a mangiare sotto il canile dei due vecchi.
Qual si fosse la maraviglia, la rabbia di quella, lo lascio imaginare a te, o lettore.
Dato allora di piglio al bastone del marito, corse a minacciar la gatta. — Ah pezzo d’ira di Dio! lasciala ti dico. — E chis colla voce, e tuppete e tappete col bastone, che scoppiava tra le panchette e le tavole. — Lasciala t’ho detto.... andiamo, via.... micina mia, qui: non mi fare incollerire!... lasciala!... — E qui di nuovo chis, tappete e tappete — Che ti vengan gli stranguglioni.... chis, ladra, lasciala, ladra!
E la gatta al sicuro dai colpi, gorgogliava e mangiava. Perduta la speranza, la vecchia lasciò la gatta e si volse a latrare, e a taroccare contro il marito:
— Ci hai colpa tu, vecchio birbone, che quando non ti secondo m’imprechi sempre malanni: io non so a che io mi tenga che non ti rompa il grugno.
E un’altra volta tutta affannata tornò alla