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La credenza degl’incanti e dei tesori nascosti è radicatissima nelle persone di bassa mano, e solo può togliersi con l’istruzione. E come questo racconto accenna ad immensi tesori incantati, così è tra noi generalmente ascoltato con grande attenzione.

Avvenne una volta che un lavorante, povero in canna, avendo piena la testa di queste ubbíe, non sognava altro che tesori, e spendeva il tempo a rifrustare le anticaglie di cui è ricco il nostro suolo, sperando alleviare in qualche guisa la sua miseria; ma ritornava a casa sempre tristo e a mani vote.

Una sera però si ricordò di Cala Farina; e sicuro di poter sapere il segreto come disincantare (anche adesso ci si crede), quell’immenso tesoro, inargentò dieci carlini in maniera che paressero scudi, e se ne andò dal Cantastorie (chè in Rosolini c’era, morto non ha molti anni, e mi pare d’averlo qui). Era egli un vecchierello cieco, che stava di casa sotto la sagrestia della Chiesa Nuova, e viveva, quantunque a stecchetto, dei suoi racconti, di lavori manuali, e di limosina.

Il lavorante dunque, picchiato all’uscio della casa di costui, pochi minuti dopo si vide aprire da una vecchierella freddolosa e mal