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suo figlio, ha dato agli uomini la costituzione.» E poi, per dimostrargli che Dio regna glorioso in excelsis e non governa in terra, gli citò imperturbabilmente Lucrezio come se costui fosse un redattore della Civiltà Cattolica. Ciò posto, affermava che gli uomini sono liberi di vivere sulla terra seguendo quella idea del vero e del bene che ciascuno è in grado di formarsi.

Le opinioni di Marina non erano così nette e precise. Aveva seguite le pratiche cattoliche per inconscio moto del sangue, per l’impulso della vigorosa fede di lontani antenati. Tali fredde pratiche eran bastate lungo tempo a far si credesse cattolica e bastarono perchè le ribellioni del pensiero e del senso cui fu presto in grado di conoscere sia nei libri, sia nel vero, le comparissero gloriose e calde di gagliarda vita di fronte al suo sterile cattolicismo, come la divina ribellione di foglie e di fiori che rompe i vincoli dell’inverno. Nel suo nuovo soggiorno troncò risolutamente ogni pratica religiosa. Ella vedeva che suo zio non ne seguiva alcuna ed era curiosa di penetrarne le ragioni, desiderava udirsi approvare, confermare nel suo proposito, scoprire tanti sicuri argomenti di non credere, onde il pensiero moderno, ella lo sentiva, doveva esser padrone. Ma il conte secondava poco e male i suoi desideri: non era forte in filosofia religiosa, giudicava la religione piuttosto storicamente che filosoficamente. Erano i mali recati dalla lotta delle religioni positive e l’aspetto delle loro evoluzioni regolari, conformi ad una legge generale di sviluppo e di decadenza, che lo avevano reso scettico. Non amava però fare propaganda del suo scetticismo; anzi gli avvenne una volta di dire a Marina che non sarebbe forse un gran male se tutte le donne andassero a messa. Ella rispose che oramai, se credesse e andasse a messa, vorrebbe anche poterla dire; ma che la parte attiva dell’impostura era tutta presa dagli uomini.

A lei la uguaglianza della chiesa ripugnava quanto a