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- «Per Corrado.»
Tremava così forte che potè a mala pena aprir la lettera. La voce cara di sua madre gli pareva venir dal mondo degli spiriti per dir parole non potute dire in vita e sepolte nel suo cuore sotto una pietra più grave di quella della tomba.
Le parole erano queste:
«Se ti è cara la memoria mia, se credi ch’io abbia fatto qualche cosa per te, affidati all’uomo giusto che ti dà questa lettera. Dal paese della pace dove spero m’abbia posato la misericordia di Dio quando la leggerai, ti benedico.
«La Mamma.»
Nessuno dei due parlò. Si udì un singhiozzo disperato, prepotente; poi più nulla.
Ad un tratto Silla, contro la sua ragione, contro la sua volontà, il suo cuore istesso, guardò il conte con tale angosciosa domanda negli occhi sbarrati, che quegli menò un furibondo pugno sul tavolo esclamando:
— No!
— Dio! Non ho voluto dir questo! — gridò Silla.
Il conte si alzò in piedi e allargò le braccia.
— Amica venerata — diss’egli.
Silla piegò la testa sul tavolo e pianse.
Il conte aspettò un momento in silenzio e poi disse a bassa voce:
— Vidi Vostra madre per l’ultima volta un anno prima del suo matrimonio. Ella mi ha scritto poi molte lettere di cui Voi eravate il solo argomento. Ecco perchè io conosco molti particolari intimi della Vostra vita. Dopo il 58 sono stato informato da certi amici miei a Milano. Voi comprenderete facilmente perchè abbiate ritrovato in casa mia quelle suppellettili; esse mi ricordano la persona più virtuosa e più rispettabile che mi abbia onorato della sua amicizia.
Silla stese ambedue le mani verso di lui senz’alzare il capo dal tavolo.