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di suo padre, anche se quest’uomo ha commesso degli errori e ha meritato delle censure. State tranquillo. Vostro padre non era più a Milano quando vi siete tornato Voi. Era nel paese straniero dove intendo che ha cessato di vivere due anni sono, nel maggio del 62. Vi trovaste solo colla Vostra letteratura. Allora foste improvvisamente chiamato a insegnar lingua italiana, geografia e storia in un istituto privato, di cui non conoscevate neppure il nome. Avete mai saputo come quei signori abbiano scelto appunto Voi?
— No.
— Non importa. In quel tempo avete avuto una offerta dai parenti di Vostra madre, dai Pernetti Anzati, non è vero? Volevano che entraste nella loro Filatura e Vi offrivano un lauto assegno; non è così?
— Sì, ma è forse Lei che mi ha fatto eleggere?
— Non importa, Vi dico. Avete rifiutata l’offerta dei Pernetti Anzati. Fatto bene, molto nobilmente. Meglio un lavoro che frutta poco pane e molta civiltà, di un lavoro che converte in denaro il tempo, la salute e una buona parte dell’anima. Ma adesso l’istituto al quale appartenevate ha fatto cattivi affari e venne chiuso. Io credo che voi non sarete malcontento di occuparvi in qualche altro modo degno, ed è per questo che Vi ho pregato di venire da me.
— La ringrazio — rispose Silla asciutto asciutto. — Prima di tutto, posso vivere.
— Oh!— interruppe il conte. — Chi parla di questo? Lo so benissimo, i Pernetti Vi passano l’interesse di una parte della dote di Vostra madre che si trattennero sempre, un migliaio e mezzo di lire circa. E poi?
— E poi — proruppe Silla con forza — voglio sapere finalmente chi è Lei, perchè si occupa di me!
Il conte indugiò un poco a rispondere.
— Io sono un vecchio amico della famiglia di Vostra madre, e Vi porto molt’affezione per la memoria di