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Una finestra della sala era stata spalancata. Egli vi accorse e dietro a lui, in silenzio angoscioso, tutti: il Vezza, la gente di servizio, i due contadini. Fu aperta anche l’altra finestra. Saetta era già lontana a capo d’una lunga scia obliqua sul lago quasi tranquillo. Marina si vedeva bene, si vedeva l’interrotto luccicar dei remi. Il Vezza, ch’era miope, disse:
— È ferma.
Intatti non pareva avanzasse.
— No, no — risposero gli altri.
Uno dei contadini, soldato in congedo, ch’era salito sopra una sedia per veder meglio, disse:
— Con una carabina la butterei giù.
Fanny andò via singhiozzando, poi tornò a guardare.
— Ma per Dio, dove va? — esclamò il dottore.
Nessuno rispose.
Un minuto dopo, il contadino ch’era in piedi sulla sedia, disse:
— Va in Val Malombra. È dritta in mira alla valle.
Fanny ricominciò a strillare. Il dottore l’abbrancò per un braccio, la trascinò via e le impose di star zitta.
— Perchè in Val Malombra? — diss’egli.
— C’è un sentiero che passa la montagna — rispose l’altro — e mena poi giù sulla strada grossa.
— Non si può prenderlo quel sentiero dalla riva di Val Malombra — osservò il secondo contadino.
— Si può sì. Basta andar su al Pozzo dell’Acquafonda. È un affare di cinque minuti.
— Eccoli! — gridò la moglie del giardiniere.
Un battello a quattro remi usciva rapidamente dal seno di R... per gettarsi di fianco sulla lancia.
Il dottore si accostò le palme alla bocca, urlò a quella volta: — Presto!
— La prenderanno? — chiese il commendatore.
— In acqua, no — si rispose. — La lancia in quattro
Malombra. | 31 |