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dalle solite corruzioni. Sciaguratamente avete pensato a procacciarvi la gloria con gli scritti invece che con le azioni. Lasciatemi dire; sono un vecchio. Con gli scritti letterari, poi! E non avete avuto la forza di carattere, la fiducia in Voi stesso che ci voleva per seguire da uomo questo proposito. Invece di chiudervi nel Vostro bozzolo della letteratura, siete andato a Pavia. Cosa avete studiato a Pavia?

— Leggi.

— Tutto fuorchè leggi avete studiato. Lo so, volevate una carriera proficua, pensando a Vostra madre; ma allora bisognava volere virilmente: tagliarsi via mezzo il cuore e andare avanti col resto. Cosa avete fatto al vostro ritorno da Pavia? Avete pubblicato un romanzo. Ecco il fatto che non sapete. Quel poco di oro che Vostra madre Vi diede perchè servisse alla stampa del libro, non era punto, come ella Vi disse e Voi avete creduto, un dono de’ suoi parenti; il giorno prima ella aveva portato al gioielliere i suoi ultimi brillanti, una memoria cara di famiglia.

— Il Suo diritto? — esclamò Silla slanciandosi verso il conte. — Il Suo diritto di sapere queste cose?

— Il mio diritto? Questione molto oziosa. Vostro diritto è sicuramente di vedermi in faccia.

Il conte suonò.

Silla taceva, ansante. Il conte andò ad aprire l’uscio, e aspettò fin che udì un passo nel corridoio.

— Lume! — diss’egli, e andò a sedersi al tavolo.

— Non è vero, non è vero! — disse Silla sottovoce. — Non fui questo sciagurato ch’Ella dice! Me lo provi, se può.

Il conte non rispondeva.

— Io — continuò Silla — che avrei dato il sangue per mia madre, che l’adoravo, che non volevo neppure quel denaro perchè i parenti di mia madre non potevano soffrire ch’io scrivessi, e, conoscendoli, temevo s’irritassero contro mia madre per causa mia!