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di lei! E dire che tanto male, tanto dolore veniva dalla cecità sua, dal non aver egli mai capito l’angustia segreta di sua figlia!

Intanto nel salotto si giunse a un accordo. Le voci si chetarono, si abbassarono, il curato e gli altri uscirono nell’orto discorrendo tranquillamente.

— Niente di meglio — diceva don Innocenzo, soddisfatto, guardando Steinegge.

— Ma! — rispose il capitano — a me l’ha proprio detto il signor commendatore Vezza. Io non gli domandavo niente; mi disse lui che stasera il signor Silla va via e che non bisogna credere a tutte le chiacchiere.

— Oh! — esclamò Steinegge con due occhi scintillanti di lieta sorpresa.— Perdonate se io entro nei vostri discorsi. Come vi ha detto veramente il signor Vezza?

Il capitano ripetè quanto aveva detto prima, soggiunse poi quel che sapeva dello stato di Marina. Seguirono i commenti degli uditori, ciascuno dei quali aveva un’ipotesi diversa.

Edith avea messo un po’ di soggezione alle ragazze turbolente. Le raccontarono che il signor capitano aveva suggerito di far venire la ghirlanda da Como o da Milano, ma che loro avean voluto fiori del paese. L’armatura della ghirlanda si stava già preparando; quanto a’ fiori, non avevano ancora pensato come li disporrebbero. Edith consigliò un intreccio di frondi d’ulivo e di rose bianche con una croce di viole. Volle coglier le rose ella stessa perchè le povere piante non fossero straziate e i bottoni sciupati senza necessità. Udiva gli altri parlare, e, immaginando che parlassero del Palazzo, si pungeva le mani senza avvedersene, tagliava gli steli o troppo lunghi o troppo corti. Era tanto pallida che le ragazze credettero si sentisse male e la pregarono di smettere. Ella confessò d’avere un po’ di mal di capo, ma non volle smettere temendo esser chiamata da suo padre, avere a restar sola con lui e non sapergli nascondere il suo turbamento. Sopraggiunsero gli uomini, la