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nulla al conte Salvador. E poi, le dico, capisce bene. Fanny non ha taciuto...

Silla lo interruppe impetuosamente.

— Quanto a questo — diss’egli — posso dare la mia parola d’onore...

— Benissimo, benissimo, si calmi. Capisce bene che in ogni modo per allontanare Salvador ce n’è più che abbastanza. Tornando alla marchesina, mi domandò allora con un sorriso sarcastico se si conosceva il testamento. Io glielo riferii ed ella non si turbò affatto. Se io sono esclusa, dice, questa è una ragione, per un gentiluomo come mio cugino, di non abbandonarmi. Dopo di che mi fa un discorso riguardo a Lei: debbo confessarlo. Un discorso sensatissimo. Vi sono proprio delle convenienze imperiose che danno ragione a donna Marina, e Lei vorrà non dolersi, credo, se ho accettato di esporle il suo messaggio. Le assicuro che sono convinto di fare un’opera buona verso tutt’e due.

— Ch’io parta? — disse Silla, concitato.

Il commendatore tacque.

— Ma cosa crede Lei, che il conte Salvador possa tornare, che voglia prendere una moglie, non foss’altro, inferma di mente e diseredata? Come si posson pigliar sul serio i discorsi di una donna in quello stato? Ma si metta una mano sul cuore e mi dica se io, che purtroppo sono stato immischiato nelle vicende di questa notte, mi dica se adesso che donna Marina è lasciata dal suo fidanzato, anche per causa mia, adesso che cade dalla ricchezza nella povertà perchè di suo deve aver poco o nulla, adesso che è malata di una malattia terribile, mi dica, ripeto, se posso abbandonarla di cuor leggero e tornar nel mondo come se niente fosse stato, solo perchè questa donna inferma si sveglia dal delirio e mi dice: andate pure? Andar via, lasciarla sola con la sua sventura spaventosa? Lei, commendatore, mi consiglia questa viltà?

— Piano, piano, piano, — disse il commendatore