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dentro, aiutarti a trovare. E t’ho amato subito, sai; appena ti vidi, la prima volta.

La ragione di Silla si oscurava ancora per il turbamento della lettura, per la molle bellezza di Marina, per la voce blanda più voluttuosa del tocco.

Ella rialzò il capo. — Ma non volevo — disse. — Bisogna pure che ti dica tutto. Credevo che il conte Cesare ti avesse fatto venire per me; volevo odiarti, mi sarei morsa il cuore perchè, quando ti vedevo, quando ti udivo, palpitava. Ah, quella sera in barca, dopo le tue parole superbe, insolenti, se tu avessi osato! Quando mi riconducesti alla cappelletta...

— Alla darsena — diss’egli involontariamente.

Ella fece un gesto d’impazienza.

— Ma no! Alla cappelletta: non ti ricordi? Quando mi riconducesti là e mi lasciasti, gittandomi il mio primo nome, caddi come morta. Rinsensai e compresi; mi dissi: è lui, sarà lui; presto o tardi, contro tutto, contro tutti, sarà lui, qui. Vengono i Salvador, per me. Lo sai che son parenti della famiglia d’Ormengo? Allora Dio, perchè la volontà di Dio sfolgora in tutta questa cosa, Dio mi fece vedere la vendetta che veniva da sè. Guarda, la sera stessa in cui fu conchiuso il matrimonio... sai, dopo avergli detto , ebbi un’ora di sfiducia terribile... seppi che Lorenzo eri tu. Si stabilì il 29 aprile per il matrimonio. Io scrissi a Parigi... no, non a Parigi, a Milano; come mi si confondono i nomi! Volevo sapere mille cose di te. Tu non ci andavi mai da Giulia. Intanto il 29 aprile si avvicinava. Quando penso com’ero fredda e sicura in principio! Negli ultimi giorni non lo ero più. Avevo la febbre tutte le notti; la febbre! Volevo sposarlo e poi calpestarlo, per amor tuo, ma tu non venivi mai. Feci differire il matrimonio di un giorno. La notte prima, che notte! alzai le mani a Dio dal mio letto. Allora Dio mi ha toccato qui.

Ella prese una mano di Silla, se la pose sulla fronte.