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— Tutto, tutto — rispose. — Leggi qui, leggi forte.

Silla lesse: "Dicevano che rinascerei, che vivrei ancora qui tra queste mura, qui mi vendicherei, qui amerei Renato e sarei amata da lui; dicevano un’altra cosa buia, incomprensibile, indecifrabile; forse il nome ch’egli porterà allora.

— E tu non ricordi! — diss’ella dolorosamente.

Egli non la intese, soggiogato dal fascino del manoscritto: tirò via a leggere in silenzio. Un altro passo lo fe’ inorridire, lo costrinse ad alzar la voce leggendo:

— « Allora, allora vorrei rizzarmi sul cataletto e parlare. »

— E ho parlato — diss’ella — l’altra notte, come se fossi appena uscita dal cataletto; l’ho ferito a morte.

Silla non le badò, continuò a leggere. Giunto alle parole: — Quando nella seconda vita — si vide strappar di mano il manoscritto da Marina, che gli prese poi a due mani la testa, gliela curvò, gliela strinse.

— E tu non credevi! — disse. — Ma poi ti ho perdonato perchè ti amo, perchè Dio, vedi, Dio vuole così; e poi perchè anch’io, sulle prime, non ho creduto. Ecco, mi sono inginocchiata qui. Così.

Cadde ginocchioni, appoggiò le braccia e il capo sulla ribalta dello stipo.

— E ho pensato, ho pensato, ho cercato nella mia memoria. Niente. Ma poi la fede m’è venuta come un fulmine, ho creduto — soggiunse balzando in piedi, mettendo una mano sulla spalla di Silla — e adesso, da pochi giorni, mi ricordo di tutto, di ogni minuzia. — Si fermò, lo guardò un momento negli occhi, e, piegato il capo sul petto, disse teneramente:

— Non comprendi che sono stata, che l’anima mia è stata nella tomba tanto e tanto, non so quanto, prima di sciogliersi da quell’altra cosa orribile? Parlami d’amore, vedi quanto ho sofferto. Spero che ti ricorderai anche tu. Ti ho le labbra sul cuore; vorrei vedervi