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lottando con la emozione interna e vincendo, che si era confermata quella sera in un sospetto concepito qualche tempo prima riguardo alle disposizioni di Silla verso di lei; che non v’era stato un discorso diretto ma molti indizi, e che il proprio contegno era forse apparso tale da lasciar credere a una corrispondenza di sentimenti. Disse, coprendosi il viso con le mani, che n’era dolentissima e se ne trovava ben punita.

— Oh Dio — disse don Innocenzo con voce imbarazzata — fin qua... poi... non so... ma non mi pare...

Allora venne il racconto della mattina seguente, della visita di Silla, della gelida accoglienza fattagli, delle parole trovate nel suo libro. Qui don Innocenzo si scosse, indovinando, assai tardi, a quale sospetto conducesse il racconto di Edith. Ella non tacque il recente incontro di Silla con suo padre e le impressioni riportatene da questo. Temeva di qualche triste mistero nascosto nell’ombra del Palazzo, si rimproverava di aver favorito, per poca vigilanza, un sentimento che, non accolto, poteva spingere Silla a men che onesti propositi.

— Ho creduto — diss’ella — di dover raccontare tutto a Lei, perchè mi pare bene che Lei, andando al Palazzo, sappia queste cose quantunque vi sia del biasimo per me.

Don Innocenzo si fregava le mani lentamente, suggendo l’aria come se gli dolessero.

— Non so proprio — diss’egli — quale biasimo vi possa essere...

Pareva tuttavia che una lieve ombra fredda ve ne fosse dentro di lui. Masticava parole vaghe come chi non arriva a raccapezzarsi bene. Domandò a Edith che uomo fosse questo signor Silla. Ella disse che lo credeva uno spirito nobile, ma ammalato, offeso dalle contrarietà della vita.

— E Le pareva che avesse inclinazione per Lei?

Edith non rispose.