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EMANUEL DE ORMENGO
TRIBUNATU MILITARI APUD SABAUDOS FUNCTUS
MATERNO IN AGRO
DOMUM
MAGNO AQUARUM ATQUE MONTIUM SILENTIO CIRCUMFUSAM
AEDIFICAVIT
UT SE FESSUM BELLO
POTENTIUM INGRATITUDINE LABORANTEM
HUC
VESPERASCENTE VITA RECIPERET
ATQUE NEPOTES
IN PARI FORTUNA
PARI OBLIVIONE
FRUERENTUR
— Eh! — esclamò il conte, ritto, dietro Silla, sulle gambe aperte e con le mani congiunte sul dorso. — Questo mio buon bisavo ha assaggiati e sputati i re, come vedete. È per questo che io non ne ho mai voluto rigustare, e credo non servirei un re, se non quando dovessi scegliere tra lui e il canagliume democratico. Un uomo di ferro quello lì. Non c’è che principi e democrazie per rompere e buttar via uno strumento simile. Uuh! Voi non credete quello?
— Io sono devoto al re — rispose commosso il giovane — e mi sono battuto con lui per l’Italia.
— Ah, per l’Italia! Molto bene. Ma Voi mi dite il caso di un giorno e io parlo di istituzioni che si giudicano sulla testimonianza dei secoli. Anch’io tengo un segretario democratico e gli voglio molto bene perchè è il più buono e onesto bestione della terra. Del resto se avete un ideale non lo voglio guastare, qualunque esso sia, perchè senza ideale il cuore cade nel ventre.
— E il Suo ideale? — disse Silla.
— Il mio? Guardate un poco.