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e partì. Marta rientrò in casa col suo vassoio, lasciando soli, seduti sul muricciuolo, il parroco e Edith.

— È buono sa — diss’ella con passione. — È buono, oh, tanto più di me! E le vuole un bene, a Lei! Desiderava immensamente di venir qua. È una provvidenza questa simpatia che ha per Lei, malgrado la Sua veste. Anche ieri a sera si parlava di religione. Io dicevo che vi sono delle anime naturalmente mediatrici fra il comune degli uomini e Dio, qualunque sia la forma della loro vita terrena, e che Lei, per esempio, signor curato, anche se non fosse sacerdote...

— Oh, signora Edith!

— Sì, sì, Lei è una di queste anime. Lo credo e mi fa bene il crederlo, mi fa bene il dirlo. Se sapesse quanto abbiamo bisogno di Lei! Bene, mio padre diceva anche lui di poterlo credere.

Parlava con emozione tanto forte quanto era stata subitanea.

— Si consoli — disse don Innocenzo — si consoli. Suo padre è forse più vicino a Dio di molti che esercitano il mio ministero, di me per il primo che ho sempre vissuto una vita blanda, una vita neghittosa, senza vere tribolazioni, senza opere, con frequenti languori di spirito, benchè da tanti anni io entri ogni giorno nella profondità di Dio, benchè io viva, si può dire, nel calore di tante anime grandi che lo hanno amato. Sono meno che niente, signora Edith. Ma sa cosa c’è di vero in questo che Lei ha detto? C’è che un sentimento puro d’interessi terreni, anche per qualche persona indegna, anche, arrivo a dire, per le cose inanimate, o almeno che noi crediamo inanimate, alza l’anima. E quest’anima che si alza, vede, naturalmente più in là; se lo slancio è molto forte, può vedere addirittura la meta; non vedrà la via, ma vedrà la meta. Il suo signor padre mi vuol bene, non so come nè perchè. Non c’entra il sangue in questo affetto, nè la consuetudine, nè alcun interesse.