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— assassinato — perchè sono convinto che vi è nell’origine di questo male l’azione violenta d’una persona.

— Questo è assurdo! — gridò Nepo.

— Lei è assurdo, signor mio bello — riprese il frate, battendo le sillabe ad una ad una e guardandolo tra ironico e fiero. — Lei è assurdo. Io, per esempio, sono malato di cuore e non Lei, ma le persone che amo possono uccidermi senza veleno nè armi.

— Dunque Lei dice... — suggerì il Vezza per tagliar corto alla discussione irritante.

— Io dico — rispose il frate — che l’ammalato fu colpito d’apoplessia durante un’emozione violenta, terribile.

— Ma cosa? ma come? — disse la contessa tutta lagrimosa. — In nome di Dio, come? Non la ci tenga qua sulla corda per tanto tempo! La parli, che Dio la benedica. Ci vuol Ella far morire a once?

— Prima di proseguire — disse il frate — vorrei sapere se tutte le persone della famiglia sono presenti

Nessuno parlò.

— Ci sono tutti? — ripetè il frate.

Qualcuno disse piano:

— Manca la marchesina.

— La marchesina, mia promessa sposa — disse Nepo enfaticamente — è indisposta.

— Come si chiama questa marchesina? — chiese il frate.

— Marchesina Crusnelli di Malombra.

— Il nome di battesimo!

— Marchesina Marina — disse Nepo.

Il frate tacque un momento, poi soggiunse:

— Marina. Non ha altri nomi?

— Sì. È Marina Vittoria. Ma che importa?

— Importa molto, signor conte. Moltissimo importa. Come si chiamano le donne di servizio che sono in casa, oltre la Giovanna?

— Catte, intanto — rispose la contessa.