Pagina:Malombra.djvu/327




CAPITOLO III.


«Ho pianto in sogno»


— Ah Dio, Silla, che orrore! — disse la signora De Bella entrando come un nembo di seta in cui due piedini nervosi tempestavano a colpi sordi. — Buona sera. È un pezzo che mi aspetta? come va? — Ella gittò sulla spalliera d’una poltrona la sua pelliccia bianca e porse a Silla una manina nuda, luccicante d’anelli. Anche la sua bocca ridente, i suoi occhi celesti scintillavano. Ella era in tulle nero e sott’abito di seta azzurra, scoperte le spalle e le braccia che aveva bellissime, senza un braccialetto, nè un medaglione, con due grandi anelli di turchesi e perle agli orecchi, un fiore azzurro in seno, un altro nei capelli biondi, molto incipriati, raccolti sopra la nuca come un gruppo di grossi serpenti. Aveva un profumo tepido di «veloutine» che parlava della sua pelle morbida.

Silla s’inchinò.

— Come va? Che bravo Silla! Non si pentirà d’esser venuto, sa? Ho tante cosettine carine carine a dirle. Sieda! Ma che orrore, neh! Come, non era in teatro Lei? Ah, non c’era. Senta bene. Adesso verrà qualcuno. Sa, dopo teatro, ho dei buoni amici che vengono a prendere il thè. Stasera ci sarà M... che, quando viene, fa sempre un po’ di temporale sul mio piano. Lo conosce? Non ha niente del pianista tipo, ma suona bene. Lei {{PieDiPagina|Malombra.