Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 233 — |
le signorine precedute dal Rico, si alzò in piedi e scordandosi per un momento di essere gentiluomo, gridò prima di salutare, al ragazzo:
— Perchè non mi hai aspettato, imbecille?
— Pare che avesse ragione di non aspettare — osservò Marina freddamente.
— Voi siete molto cattiva con me — rispose Nepo a mezza voce.
Marina non parve gradire quel tono intimo, pieno d’allusioni, e disse asciutta asciutta:
— Quanto c’è di qui all’Orrido?
— È subito qui— mormorò il Rico fra i denti.
— Cielo clemente, un’eternità c’è! — gemette Nepo. — Non è stata un’idea molto felice quella di farci arrampicare fin quassù. Il commendator Vezza e il commendator Finotti sono mezzi morti. Io sono un grandissimo camminatore e mi ricordo d’esser salito a piedi, quand’ero studente, da Torreggia al convento di Rua, negli Euganei, che non è piccola bagatella; ma qui non so, è un camminare diverso: si fa meno strada e più fatica. Cosa volete che vi dica? Da noi anche i monti hanno più creanza.
Approfittò d’un momento ch’Edith era uscita di strada per cogliere un ciclamino e disse a Marina non senza un dispettoso lagno nella voce e nel volto:
— E la vostra risposta?
— Presto — diss’ella.
— Quando?
— Venite nell’Orrido con me.
Nepo non parve contento, ma non potè chiedere spiegazioni, perchè Marina aveva preso il braccio di Edith e a lui appena bastava la lena di tener loro dietro.
I commendatori e il Ferrieri erano seduti presso la porta dell’osteria di C... sopra una pancaccia addossata al muro, e parlavano ad un vecchio calvo, scamiciato,