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chio. Prime gli tenevano dietro Edith e Marina, poi veniva il Ferrieri, gran camminatore, gran valicatore di montagne. Alle sue spalle trottava Nepo, tutto sbilenco, sudando per l’angoscia di camminare frettoloso sui ciottoli aguzzi. Egli si studiava d’intenerir Marina sul fatto dei due commendatori di retroguardia che mettevano veramente pietà. — Caro cugino — disse Marina voltandosi indietro e fermandosi. — Vi prego di rappresentar qui mio zio e di tener compagnia ai suoi tre ospiti.
Nepo e il Ferrieri, capìta l’antifona, rallentarono il passo e si raccolsero, mogi mogi, a’ commendatori che avanzavano, il Finotti bollente e ansante, l’altro seccato e scorato. Come videro le signore dilungarsi anche dagli altri due, cadde loro la speranza di raggiungerle e sostarono a respirare un poco, fremendo contro Marina, maledicendo chi aveva messo fuori pel primo la bella idea di venire a quello sconsolato massacro di piedi. Intanto sopravvenne loro il Rico, mandato da Marina perchè non avessero a smarrire la strada. Marina stessa non la conosceva, ma se l’era fatta insegnare dal ragazzo e camminava rapidamente senza parlare.
Edith le teneva dietro, silenziosa e nervosa essa pure, ma per altre cagioni. Intorno a lei e più ancora dentro a lei suonava una sola parola: — Italia! Italia! — Da quando era venuta al Palazzo, se si trovava sola, se le sfuggiva un momento il pensiero di suo padre e dell’avvenire, le sfolgorava subito in cuore questa parola: — Italia! — Allora stendeva la mano per toccare qualche cosa di vero, di solido, e guardando l’orizzonte o qualche striscia bianca di strada lontana, palpitava e si perdeva in un desiderio indistinto. Adesso ell’aveva bisogno di fermarsi spesso per guardare a misura che la via saliva, lo svolgersi lento e maestoso delle montagne, in alto il verde pieno di sole che saliva fino al cielo sereno, dietro a lei, al basso, il lago che s’allargava sempre più verso ponente.