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così a cena! Bisogna sapere quanto costa di gridare — viva la libertà — e quanto vale, oh! Non parliamo!
Seguì un momento di silenzio.
— Lei è del Nassau? — disse Silla.
— Sì, ma lasciamo; questa è un’idea triste. Io non voglio idee tristi, io sono molto ilare adesso, molto felice, perchè voi mi piacete immensamente, sì, sì, sì, sì!
Batteva e ribatteva il mento al petto, come se avesse una molla nella nuca; scintille di riso gli schizzavano dagli occhi.
— Voi non partirete già domani? — diss’egli.
— Ma! Lo vorrei certo.
— Oh, il signor conte non vi lascerà.
— Perchè?
— Perchè io credo che vi vuole molto bene.
— Se non mi conosce neppure!
— Uuuh, ffff — sibilò Steinegge chiudendo del tutto gli occhi e chinandosi fino a metter la barba nel piatto, con le braccia allungate sotto la tavola. Pareva un testone di gnomo.
— Mi conosce? — disse Silla.
— Io credo che mi ha parlato di Voi, per un’ora oggi.
— E che cosa Le ha detto?
— Ah!— esclamò il segretario rizzandosi e alzando le mani al soffitto — non sono a questo punto, signor, non sono a questo punto. Vi è ancora posto per molto Sassella fra la vostra domanda e la mia risposta.
Diede di piglio alle due bottiglie, fece atto di pesarle, le scrollò e le depose. Erano vuote.
— Non vi è più amicizia — diss’egli sospirando — nè sincerità, nè cuore. È forse meglio di andare a letto, signor.
Benchè sul pianerottolo della scala, fra il primo e il secondo piano, un orologio da muro suonasse il tocco e mezzo, quando Silla si trovò nella stanza che gli era