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CAPITOLO II.
I Salvador.
— El xe largo e longo, Ecelenza— disse alla contessa Fosca la sua fedele Catte, versandole il caffè in una tazza larghissima, mentre la contessa, alzando la testa dal cuscino e facendosi puntello de’ gomiti, considerava con occhi diffidenti il vassoio, la tazza, la sottocoppa, la zuccheriera, il bricco levato in aria e il filo arcuato del caffè cadente.
— Benedetta Venezia! — diss’ella.
— Eh, Eccellenza, benedetta Venezia!
— La xe acqua, ciò — disse la contessa con una smorfia deponendo la tazza sul vassoio dopo avervi appena posate le labbra.
— Acqua schietta, Eccellenza. Ce l’ho detto io a quella vecchia. Questa è la secchia (Catte accennò alla tazza) e questo è il pozzo (Catte accennò il bricco). Oh che casa, Eccellenza! La vecchia ha fatto il muso per le lenzuola e io le ho cantato che Sua Eccellenza non può dormire se non è nelle sue lenzuola.
— Questo ci hai detto?
— Sì, Eccellenza.
— Hai fatto bene, sa. Le ho tolte per l’albergo, ma già che vi sono... Vestimi, che presto sarà ora di Messa.