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Ella restò un momento pensierosa e poi tornò a sedere.

Quali dubbi, quali pensieri di conciliazione le passavano pel capo? Recò ambedue le mani a una crocettina d’oro che le pendeva dal collo tra l’abito aperto e giocherellò con essa piegando il mento al seno, scoprendo un po’ delle braccia tornite.

— Molto bassi questi studi, dunque — diss’ella.

— Oh, no.

— Ah. Lei crede allora che sieno troppo alti per me?

— Non ho detto questo.

— Vediamo; è matematica?

— No.

— Metafisica?

— No.

— Scienze occulte forse? Il conte ha bene dello stregone; non trova, signor... signor... Come si chiama Lei?

— Silla.

— Non trova, signor Silla?

— No, signorina.

— Molto reciso, Lei.

Seguì un momento di silenzio. Si udì la voce del conte mista ad altre voci di persone che scendevano per la scalinata.

Silla si alzò in piedi.

— Aspetti un poco — diss’ella bruscamente. — Non voglio sfingi davanti a me. Cosa scrive Lei con mio zio?

— Un libro noioso.

— Capisco; ma di che tratta?

— Di scienza politica.

— Ella è uomo di Stato?

— Qualche cosa di meglio; sono artista.

— Di canto?

— La marchesina ha un grande spirito!

— E Lei è molto orgoglioso!

— Forse.

— E con quale diritto?