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26 | ricordi delle alpi. |
vatta scarlattina, e il cappello cinerino a punta guernito d’innanzi d’un bel mazzetto di fiori, glielo dico io, le ragazze facevano tanto d’occhi; e facevano a gara per mettersi in vista all’uscire di messa, e sognare un canto la sera! Pazienza! l’è stata davvero dolorosa; chi me lo avrebbe detto?
L’onesto vecchio, asciugatosi due grosse lagrime col dorso della mano, seguitava: — Dal battesimo io mi chiamo Ambrogio, ma nella valle, per fretta, mi dicono Brogio; e Zino, mio primogenito, ebbe pure tal nome, dal signor Rienzo, ricca ed eccellente persona dei paese, che sa il latino più d’un prete e mille altre cose, cangiato in Zino, perchè — e’ ci disse — così suona meglio ed è accostumato in Toscana, dov’egli ha vissuto buon numero d’anni. Non faccio per dire, ma Zino mi rassomigliava tanto; bisogna sentirlo dalle stesse genti del paese.
Gli altri due tenevano più della madre; obbedienti e affettuosi, ch’era una fortuna; non c’era pericolo, che ci dessero un pensiero al mondo!
Anche le figlie venivano su con la benedizione di Dio; sotto il nostro tetto si viveva in santa pace. Devo confessare che, se l’affetto mio e della Ghita era uguale per tutti i nostri figli, forse ci sentivamo un po' più te-